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Terra di produzione sostenibile, energie, alimenti e di cultura contadina

Rimini mi ha adottato fin da piccolo e oggi vivo in questa città.

Per me Tonino Guerra, poeta, scultore e sceneggiatore romagnolo famoso anche per le sue collaborazioni con Federico Fellini, è stato sempre fonte di ispirazione per la sua grande poetica dono che non rappresenta esclusivamente la capacità di scrivere poesie ma è molto di più: è l'anima che influisce su come si pensa, ci si esprime, si vive, si crea e si fa tutto tenendo tra le mani l'umanità che ci circonda.

Ora non ricordo bene le sue esatte parole ma lui, Guerra, sosteneva che la società fosse cambiata in peggio e tutti noi avessimo iniziato a non comunicare inaridendoci, dal momento in cui furono eliminati i ballatoi, che facilitavano la comunicazione e i rapporti intimi tra inquilini vicini di casa; oppure era convinto che da quando erano scomparsi i piccoli bar di paese, dove ci si ritrovava per giocare a carte e chiacchierare bevendo un bicchiere di vino, le comunità si fossero disgregate. Ecco, dopo avere parlato al telefono con Miguel, della società agricola Tularù, mi è tornata alla mente questa idea per la quale, in fondo, il luogo in cui viviamo determina la maniera in cui possiamo esprimerci, pensare, e la qualità di vita che ne deriva: per me quei ballatoi e quei bar rappresentavano la poetica di una comunità.

Spesso, purtroppo, si sente dire che non è possibile "tornare indietro", che il "progresso fa il suo corso" e che le conquiste moderne non possono che garantire la nostra evoluzione dato che ormai la tecnologia ci permette di avere una vita molto più agiata di quanto prima invece potessimo avere. Poi però vedo spesso scene che mi rattristano e non riesco a pensare che sia progresso. Ad esempio qualche giorno fa ho assistito in un locale alla cena domenicale di una famiglia di tre persone sedute al tavolo e tutte col capo chino sul telefono guardando, immagino, chi instagram, chi tik-tok, chi Facebook. Eppure sono tutte applicazioni che noi chiamiamo "social", quando poi però nella realtà dei fatti si comportano da "dissocial"; non voglio dire che non servano in assoluto, ma credo semplicemente che se vengono usate in questo modo non servano per stare insieme e comunicare.


Vi starete chiedendo cosa c'entri tutto questo con Tularù e la loro testimonianza, che potrete ascoltare quì in basso.


Pensiamo all'atto di sgranare le pannocchie di mais che tutti in campagna, ai tempi dei nostri nonni, facevano riunendosi tra famiglie vicine di cascina e stando seduti attorno al contenitore dove un gruppo di persone gettava le pannocchie private delle foglie e l'altro gruppo sgranava il mais a mano oppure grazie a delle rudimentali macchinette a manovella che spogliavano la pannocchia dei chicchi, facendoli cadere in una bacinella. Erano tutti insieme; cinque, sei, sette famiglie ma anche di più. Nonni, figli, nipoti, grandi, bimbi, donne e uomini. Nessuno di loro aveva la necessità di nascondersi dietro ad una foto social, tutti venivano semplicemente accettati dalla comunità esattamente per come erano e non per come apparivano; il sentimento di coesione, la fiducia, la consapevolezza di poter contare sull'altro per qualsiasi bisogno, erano ricchezze impagabili che davano una sicurezza interiore necessaria per la propria tranquillità, seppur per loro fosse la normalità. Io non sono d'accordo con chi pensa che tornare a vivere certe esperienze, indubbiamente fatte in tempi moderni con soluzioni attuali, significhi "tornare indietro"; esattamente come mi scanso da chi sostiene che il progresso non possa avvenire localmente senza connettersi con il mondo globalizzato che crea una valanga di disastri alla nostra salute, alla nostra terra e quindi all'ambiente. Sono convinto che Tularù sia una realtà dove la terra vive, gli alimenti sono vitali, i rapporti sociali ravvivanti; credo proprio che rappresenti un profondo esempio, attuale e moderno, di quella cultura contadina del fare contadino, totalmente inclusivo e accessibile per le persone di qualsiasi età. Per questo motivo ho citato Tonino Guerra, perchè a mio parere lui sta alla sua poetica come Tularù sta alla sua gente, che vive la realtà di questa società agricola frequentandola, usufruendo delle sue risorse e generando, tutti insieme, esperienze che amplificano la parte migliore di ognuno dei partecipanti; una massa critica che diventa l'anima (poetica) di un progetto che sconfigge le maree di opinioni che non cambieranno mai il mondo semplicemente perchè non sono azioni concrete, condivise e utili alla stessa comunità per arricchirsi e vivere meglio. Ed ecco che così la biodiversità nasce dentro noi crescendo nelle nostre mentalità, nei nostri comportamenti, diventa contagiosa e si radica prima ancora di farlo nei campi; fidatevi di voi stessi perchè noi tutti abbiamo la capacità di dare vita a comportamenti "biodifferenti" che ci fanno stare meglio rendendoci forti e indipendenti.


Se andrete a trovarli lo capirete.


Cliccate qui sotto per ascoltare la testimonianza di Miguel che è stata registrata con qualità telefonica

Il brano musicale di sottofondo è stato composto, eseguito e prodotto da Roberto Rizzi

 

Spero che questo mio lavoro vi ispiri affinché possiate iniziare a scegliere alimenti locali e vicini che per nascere, crescere e raggiungerci non consumino il nostro ambiente ma creino buona salute e della sana socialità. Se questa realtà si trova nella vostra zona contattatela per comprendere in che maniera potrete servirvi delle sue risorse oppure per ispirarvi e realizzare il vostro progetto.

Tularù Societa' Agricola, via case sparse snc Località Ponzano, Cittaducale (RI) , Lazio

328 666 6038 - 347-1077789 • info@tularu.it


La nostra terra e la vostra salute vi ringraziano.

 



 

CHIUNQUE SIA ARRIVATO FIN QUI, ORA POSSIEDE IL GRANDE POTERE DI DARE FORZA AL PROGETTO CONDIVIDENDO IL PIU' POSSIBILE QUESTA TESTIMONIANZA, AFFINCHE' AUMENTI SEMPRE PIU' IL NUMERO DI PERSONE CHE COMPIONO LE SCELTE GIUSTE PER LA PROPRIA SALUTE E PER QUELLA DELLA TERRA.

 
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